LA DIAGNOSI in Psicoterapia Psicosintetica Basata sulle Subpersonalità (SBPT)

di Andrea Bonacchi

La diagnosi in psicoterapia

La diagnosi in psicoterapia è un processo clinico e relazionale attraverso il quale il terapeuta, in collaborazione con il paziente, cerca di comprendere in profondità il funzionamento psicologico della persona, la natura e il significato del disagio espresso, e il contesto (personale, relazionale, culturale, sociale, spirituale ed esistenziale) in cui si manifesta. Non si limita all’identificazione di sintomi o all’inquadramento in  categorie nosografiche, ma include l’esplorazione di molti aspetti tra i quali:  la storia di vita, i pattern relazionali, le dinamiche intrapsichiche, le risorse personali, le modalità di attribuzione di senso.

Il processo diagnostico è continuo, dialogico e dinamico, e si evolve nel tempo man mano che emergono nuove informazioni e si approfondisce l’alleanza terapeutica. La diagnosi, dunque, non è un’etichetta fissa, ma una comprensione condivisa e contestualizzata, orientata a favorire la crescita personale, la riduzione della sofferenza e l’attivazione delle risorse del paziente.

Aspetti principali della diagnosi in psicoterapia Basata sulle Subpersonalità (SBPT)

In Psicoterapia Psicosintetica Basata sulle Subpersonalità (SBPT) la diagnosi si compone di quattro aspetti: (1) inquadramento generale delle caratteristiche del paziente come persona e come struttura di personalità e del funzionamento psichico e psico-relazionale;  (2) l’identificazione dei sintomi e segni di disagio psichico, psico-relazionale, psico-somatico e la diagnosi di presenza e tipologia di un disturbo definito in base alla nosografia del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), manuale ufficiale della American Psychiatric Association (APA); (3) l’identificazione delle principali subpersonalità, delle loro dinamiche e conflitti, della presenza di disturbi legati alle subpersonalità primarie  e la presenza e grado di attivazione dell’Io-regista; (4) identificazione degli obiettivi del percorso psicoterapeutico e riconoscimento dei fattori che possono favorire od ostacolare il processo

Vediamo meglio questi aspetti:

  1. Inquadramento generale della persona e della personalità

Durante il percorso terapeutico, psicoterapeuta e paziente insieme, approfondiscono la consapevolezza delle caratteristiche generali del paziente nelle diverse dimensioni in cui si esprime il suo esserci: dimensione fisica corporea, dimensione psicologica, dimensione relazionale e sociale, dimensione esistenziale e spirituale.

Per quanto il lavoro dello psicoterapeuta non riguardi primariamente la dimensione fisica corporea essa non può non essere tenuta in considerazione ed esplorata in alcuni aspetti salienti che includono ad esempio: l’aspetto fisico, lo stile di abbigliamento, la presenza di problematiche mediche, le relazioni tra dimensione fisica e psichica, l’utilizzo del corpo nella comunicazione.

Importante anche comprendere l’organizzazione della personalità e il funzionamento psichico e psico-relazionale che si esprimono in una grande ricchezza di sfaccettature e che possono essere analizzate usando molteplici griglie descrittive e chiavi di lettura. Qui possiamo solo fare degli esempi.

  • Capacità riflessiva e autoriflessiva, profondità della consapevolezza di sé e del mondo esterno
  • Capacità di regolazione affettiva
  • Tipologia e maturità dei meccanismi di difesa principalmente utilizzati
  • Controllo degli impulsi
  • Tolleranza alla frustrazione
  • Stili di attaccamento (sicuro, evitante, ambivalente, disorganizzato)
  • Risorse (ad esempio: resilienza, coraggio, creatività…)
  • Vulnerabilità (ad esempio: bassa autostima, dipendenza affettiva, spiccata irascibilità)
  • Caratteristiche tipologiche (ad esempio: 7 tipi umani di Assagioli, Tipi Junghiani, Enneagramma)

Ci sono poi da esplorare e riconoscere aspetti che riguardano principalmente la dimensione relazionale e sociale quali ad esempio:

  • Modalità relazionali ricorrenti (la persona potrebbe rapportarsi agli altri utilizzando prevalentemente la sottomissione, o il controllo, o l’evitamento ecc.)
  • Ruoli del presente e del passato, ruoli desiderati
  • Capacità di stabilire e mantenere relazioni intime e significative
  • Livello di empatia, reciprocità, apertura all’altro, espresse nelle relazioni
  • Flessibilità / rigidità nei copioni riguardanti le relazioni
  • Dinamiche transfert-controtransfert (quali emozioni e ruoli la persona tende a evocare nel terapeuta)

Aspetti esistenziali e spirituali sono poi indagati in una psicoterapia come quella psicosintetica che dà a queste dimensioni rispetto, significato, valore. Importante esplorare il sistema di valori, i significati riconosciuti al vivere, le credenze e le pratiche spirituali e religiose. Attenzione deve inoltre essere posta a riconoscere e accogliere un disagio che proprio dalla dimensione esistenziale e spirituale potrebbe provenire.

Per inquadrare al meglio una persona che sta facendo un percorso psicoterapeutico è di grande utilità la narrazione della storia personale (ad esempio con tecniche autobiografiche) e familiare (genogramma ecc.). In questo modo il terapeuta ed il paziente possono condividere molte informazioni riguardo eventi significativi, relazioni primarie, traumi (perdite, lutti, separazioni, insuccessi), successi.

2.  Inquadramento clinico-sintomatologico e nosografico

L’inquadramento clinico-sintomatologico e nosografico in psicoterapia, e in particolare in SBPT, rappresenta una base strutturata per comprendere la sofferenza psicologica e per formulare un intervento terapeutico mirato, coerente e condiviso.

L’inquadramento clinico-sintomatologico si fonda sull’analisi dei sintomi e delle manifestazioni cliniche riportate o osservate nel paziente. Include:

  • Individuazione dei sintomi principali e secondari: ansia, depressione, fobie, ossessioni, alterazioni del tono dell’umore, disturbi del sonno, ecc.
  • Descrizione dell’esordio e del decorso: acuto, graduale, ricorrente, cronico.
  • Riconoscimento dei fattori scatenanti e di mantenimento dei sintomi: eventi traumatici, stress, dinamiche relazionali, fattori di personalità.
  • Osservazione dell’impatto dei sintomi sul livello di funzionamento globale: lavorativo, relazionale, affettivo, sociale.

L’inquadramento nosografico prevede la classificazione dei disturbi mentali secondo sistemi standardizzati come:

  • DSM-5-TR (APA) – sistema categoriale usato in ambito internazionale.
  • ICD-11 (OMS) – sistema più orientato alla sanità pubblica, usato in ambito medico e internazionale.

L’inquadramento nosografico:

  • Aiuta a formulare una diagnosi clinica codificata.
  • Permette di comunicare in modo condiviso con altri professionisti.
  • Guida la scelta degli interventi terapeutici evidence-based.
  • Può essere utilizzato in modo relativo, dinamico e provvisorio: non vincola la comprensione psicodinamica o fenomenologica del paziente.

Sempre più si ricorre nella nosografia a modelli dimensionali che valutano non tanto la presenza /assenza di un disturbo la ma la gravità di un sintomo o di un disturbo su un continuum.

3. Inquadramento in termini di  subpersonalità e di io-regista

Si tratta di un aspetto diagnostico specifico della SBPT, importante premessa agli interventi terapeutici secondo questo approccio.
Aspetti che fanno parte dell’inquadramento in termini di subpersonalità e di io-regista sono:

  • l’identificazione delle principali subpersonalità 
  • l’identificazione di eventuali subpersonalità egemoni
  • la descrizione delle principali dinamiche e conflitti tra subpersonalità
  • la presenza di disturbi legati alle subpersonalità primarie 
  • la valutazione del grado di attivazione dell’Io-regista

4. Inquadramento del percorso psicoterapeutico in termini di obiettivi, risorse, ostacoli

L’inquadramento del percorso psicoterapeutico in termini di obiettivi, risorse e ostacoli rappresenta un momento cruciale dell’intervento clinico permettendo di costruire una cornice condivisa tra terapeuta e paziente, facilitando l’alleanza terapeutica e orientando il lavoro in modo chiaro e strategico.

Gli obiettivi sono le mete che il paziente e il terapeuta si propongono di raggiungere durante il percorso. Possono essere:

  • Generali: ad esempio, miglioramento del benessere psicologico, aumento della consapevolezza di sé, riduzione della sofferenza.
  • Specifici: ad esempio, gestione dell’ansia, superamento di un trauma, miglioramento delle relazioni interpersonali, modificazione di comportamenti disfunzionali.

È utile che gli obiettivi del percorso psicoterapeutico vengano esplicitati in modo chiaro e realistico (rispetto alle risorse, potenzialità, ostacoli, tempo…) e che siano condivisi tra terapeuta e paziente. Essi possono risultare motivanti per il paziente e occasione per analizzare insieme l’evoluzione del percorso ed eventuali difficoltà o stasi.

Le risorse sono elementi interni ed esterni al paziente che possono facilitare il cambiamento terapeutico. Possono includere:

  • Risorse interne: capacità cognitive, emotive, relazionali, elementi esistenziali e spirituali positivi, esperienze pregresse di superamento di difficoltà.
  • Risorse relazionali: supporto familiare, amicizie significative, relazioni di fiducia.
  • Risorse ambientali: stabilità economica, accesso a servizi, tempo da dedicare alla terapia.

Un buon inquadramento valorizza le risorse presenti e permette di lavorare per potenziarle. Inoltre tenere presente il tema delle risorse durante il percorso permette di mettere a fuoco via via le qualità e competenze che la vita ci chiede in ogni specifico passaggio di sviluppare per progredire verso un maggior benessere.

Gli ostacoli sono i fattori che possono ostacolare il cambiamento o rendere il percorso più difficile. Tra questi:

  • Fattori interni: resistenze al cambiamento, difese psicologiche rigide, bassa motivazione.
  • Fattori esterni: contesto familiare o sociale invalidante, difficoltà economiche o logistiche per seguire la terapia.
  • Fattori relazionali: problemi nella relazione terapeutica, aspettative irrealistiche.

Individuare gli ostacoli fin dall’inizio permette di affrontarli con strategie adeguate e di prevenire impasse nel percorso.

L’inquadramento in termini di obiettivi, risorse e ostacoli non è solo una fase iniziale, ma un processo dinamico che può essere rivisitato e aggiornato lungo il percorso psicoterapeutico. Consente di mantenere una direzione chiara, di valorizzare ciò che funziona e di affrontare in modo strategico le difficoltà che emergono.

Può essere utile impiegare appositi questionari anche molto sintetici per mettere a fuoco fin dall’inizio della terapia gli obiettivi così come gli ostacoli che si teme di incontrare e le risorse di cui si pensa di disporre (ecco un esempio di scheda per la rilevazione degli obiettivi che può essere suggerita tra la prima e la seconda seduta o comunque a inizio percorso).

Tecniche e strumenti per la diagnosi in psicoterapia

In SBPT, il terapeuta può avvalersi di diverse tecniche e strumenti diagnostici, scelti in base alle caratteristiche specifiche del paziente e della relazione:

  1. Colloquio clinico

È lo strumento principale e insostituibile. Serve a raccogliere informazioni su molti aspetti, lungo tutto il percorso della psicoterapia, quali ad esempio:

  • sintomi e sofferenze riportate,
  • storia personale e familiare,
  • funzionamento relazionale e lavorativo,
  • motivazione al cambiamento,
  • aspettative verso la terapia.

Può essere liebro, semi-strutturato o strutturato, e consente anche di osservare aspetti non verbali, stile comunicativo, difese psicologiche e dinamiche transferali.

  1. Test psicodiagnostici

I test aiutano a integrare l’osservazione clinica con dati più oggettivi. Si distinguono in:

a. Test proiettivi; esplorano dinamiche inconsce, conflitti interni, modalità relazionali. Includono ad esempio: Rorschach, TAT (Thematic Apperception Test), Test della figura umana, ecc.

b. Test strutturati e autosomministrati: possono essere utili per una diagnosi nosografica, per monitorare i sintomi nel tempo (ad esempio: BDI – Beck Depression Inventory per la depressione, STAI per l’ansia), per individuare caratteristiche di personalità ma anche per rilevare risorse e qualità ( ad esempio LOT_R per l’ottimismo, MDWS per la volontà)

3. Osservazione comportamentale. Particolarmente usata nei modelli comportamentali e sistemici, può essere usata anche in SBPT; si focalizza su:

  • pattern comportamentali disfunzionali,
  • contesti scatenanti e rinforzanti,
  • risposte emotive associate.

Può essere fatta durante le sedute o tramite registrazioni e diari tenuti dal paziente.

  1. Strumenti diagnostici specifici della SBPT

Alcuni strumenti sono pensati in modo specifico per la SBPT:

  • Scheda per la descrizione di una subpersonalità
  • Il teatro delle subpersonalità: strumento che tramite una modalità visuo-spaziale consente di collocare su un palcoscenico utilizzato come sfondo dei segnalini (cartoncini o postit) che indicano le diverse subpersonalità in modo da evidenziarne centralità, relazioni, dinamiche.

La diagnosi in psicoterapia non è un atto univoco e statico, ma un processo continuo, in cui tecniche e strumenti si integrano in modo creativo all’interno della cornice data dalla relazione terapeutica. L’obiettivo delle tecniche, dal colloquio ai test, non è “incasellare” il paziente, ma comprendere la sua esperienza in modo profondo e utile al cambiamento.

Incontro con il paziente attraverso la diagnosi e oltre la diagnosi

La diagnosi in psicoterapia utilizza la capacità umana di descrivere, valutare, distinguere, classificare. Questa funzione neuropsichica è ben sviluppata, sempre attiva e in buona parte avviene anche in modo automatico e inconscio. Nel percorso psicoterapeutico il terapeuta da un lato utilizza questa abilità cognitiva, allenata e affinata con l’esperienza, per la diagnosi, dall’altro non può sottrarvisi e in base alla propria formazione e orientamento, quando si trova davanti a un paziente non può fare a meno di formulare una diagnosi.

Importante però che il terapeuta ricordi di avere un’occasione di incontro con il paziente al di là della diagnosi, lasciando inquadramenti e classificazioni sullo sfondo della propria coscienza per dare una attenzione più aperta e vergine possibile alla presenza del paziente nel momento presente. Potrà così riconoscere  elementi prima non osservati e cogliere i cambiamenti di dinamiche intrapsichiche e relazioni, o nei sintomi e nei disturbi precedentemente rilevati ,senza rimanere ancorato a valutazioni passate e superate.
Al terapeuta è richiesta la flessibilità e la lucidità per riconoscere che la diagnosi non è il paziente, ma una lente utile per comprenderlo meglio.

Il bisogno del paziente di conoscere la diagnosi

Il bisogno del paziente di conoscere la diagnosi  è un tema delicato e centrale nella relazione psicoterapeutica. Riguarda non solo l’informazione clinica, ma anche aspetti emotivi, identitari e relazionali. La modalità con cui il terapeuta risponde a questo bisogno può influenzare profondamente l’alleanza terapeutica, la motivazione al trattamento e il processo di cambiamento.
Diversi sono i motivi per i quali un pazienti può chiedere al terapeuta quale diagnosi ha fatto:

  1. Dare un nome alla sofferenza:  sapere “che cosa ho” aiuta molte persone a sentirsi meno confuse, a trovare un senso alla propria esperienza e a ridurre l’ansia dell’incertezza.

  2. Legittimare il disagio. Una diagnosi può offrire un riconoscimento formale del malessere, contrastando il senso di colpa, la vergogna o la paura di “esagerare”.

  3. Prevedere un percorso:  conoscere la diagnosi aiuta a costruire aspettative sul decorso, sulla durata e sugli strumenti del trattamento.

  4. Sentirsi capiti
    Il bisogno di diagnosi può essere il riflesso del desiderio di essere visti, riconosciuti e contenuti emotivamente. 

Mentre comunicare la diagnosi può rassicurare alcuni pazienti, può anche:

  • Etichettare: alcune persone si identificano rigidamente nella diagnosi, sentendosi “definiti” dal disturbo (es. “sono borderline”, “sono depressivo”).

  • Stigmatizzare: soprattutto se si tratta di disturbi gravi o cronici, può aumentare il senso di diversità o inferiorità.

  • Bloccare il processo terapeutico: alcuni pazienti usano la diagnosi come alibi (“non posso cambiare, è il mio disturbo”) o come difesa.

    Pertanto comunicare la diagnosi richiede molta cautela e va fatto con tempistica e modalità adeguate. Rispetto al modo in cui si comunica la diagnosi alcuni approcci (es. cognitivo-comportamentale) danno più spazio alla diagnosi nosografica; altri (es. psicodinamico o umanistico) privilegiano la narrazione del funzionamento. In SBPT si utilizzano i quattro aspetti sopra descritti in dettaglio, di volta in volta selezionando e adattando la comunicazione alle caratteristiche del paziente (bisogna valutare la capacità di mentalizzazione, il livello di insight, il grado di attivazione dell’io-regista, ecc.)  e al momento del percorso (a volte è utile introdurre una diagnosi in fase iniziale; in altri casi, è più efficace aspettare che la relazione sia stabile e vi sia una alleanza terapeutica e una maggiore conoscenza del paziente).

E’  importante che la comunicazione della diagnosi segua un bisogno manifestato dal paziente o esprima una chiara esigenza del percorso terapeutico. Può infatti risultare dannosa una diagnosi comunicata come mera procedura, avulsa dalla cornice relazionale e senza la condivisione di una ricerca di consapevolezza e comprensione. Il bisogno del paziente di conoscere la diagnosi riflette un desiderio di comprensione, rassicurazione e orientamento. Il terapeuta ha il compito di sintonizzarsi su questo bisogno, valutando quando e come restituire una diagnosi, trasformandola non in un’etichetta statica ma in uno strumento di consapevolezza e cambiamento. Comunicare una diagnosi richiede tatto clinico ed empatia per poter trasformare la diagnosi in un’opportunità di comprensione, non in una gabbia.

Conclusioni

La diagnosi in psicoterapia è un atto clinico fondamentale. È uno strumento al servizio della comprensione e del cambiamento, che richiede sensibilità, ascolto profondo e capacità di lettura del contesto. Quando fatta con attenzione e rispetto, diventa una risorsa preziosa per il percorso terapeutico, supporta il terapeuta nel suo operare e offre al paziente uno sguardo integrato e non giudicante sulla propria esperienza di sofferenza.

AB giugno 2025

Foto di Nong su Unsplash

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